Una lettera dei religosi alle autorità ricostruisce quanto accaduto a Dong Chiem e chiede indagini e punizione dei responsabili dell’aggressione a un monaco, oltre alla cessazione degli attacchi e dell’assedio alla parrocchia. Nella capitale gruppi di attivisti chiedono le dimissioni dell’arcivescovo.


Che, dal canto loro, sembrano non voler fermare la campagna di violenza e di odio. “Spontanei” gruppi di manifestanti tornano a chiedere le dimissioni dell’arcivescovo di Hanoi, Joseph Ngo Quang Kiet, che per sicurezza è lontando dalla città. Nelle parrocchie della capitale si è diffuso il timore di possibili attacchi contro le chiese.

Dal canto loro, i Redentorisi, nel documento, firmato dal capo del segretariato dei Redentoristi, padre Joseph Dinh Huu Thoai, presentano “il nostro punto di vista sugli incidenti occorsi alla parrocchia di Dong Chiem” e in particolare sull’aggressione al religioso, finito, sanguinante, in ospedale. “A quanto riferito dal sacerdote redentorista Nguyen Van Khai, del monastero di Thai Ha - si legge nel documento - dalla testimonianza di un gran numero di persone presenti, dalle foto prese sul luogo e all’ospedale di Viet Duc, abbiamo appreso che il 20 gennaio il nostro monaco Nguyen Van Tang, del monastero di Thai Ha, è stato aggedito da un gruppo di agenti in borghese, che lo hanno fermato e picchiato selvaggiamente, causandogli gravi ferite”.

La lettera ricorda poi che l’arcidiocesi di Hanoi, in una dichiarazione, ha affermato che nei giorni passati un certo numero di sacerdoti e laici che vivono o si recavano alla parrocchia “hanno subito lo stesso tipo di matrattamenti”.

I 300 Redentoristi del Vietnam, quindi, protestanto per: la distruzione della croce, “atto di profanazione che insulta un simbolo religioso dell nostra fede”, “l’assedio e le arbitrarie restrizioni alla libertà di movimento, di visita e di preghiera, come atto di comunione tra i cattolici di Hanoi. Questa è una violazione dei diritti umani e specialmente della libertà di religione”, “l’uso della violenza per risolvere quanto accaduto a Dong Chiem”, “la detenzione e l’isolamento contro un certo numero di fedeli” della parrocchia, “la distorsione della verità sui media statali”.